La Sussidiarietà tra partecipazione democratica e privatizzazioni

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Il termine, deriva dal latino “subsidium” = “aiuto” e nella terminologia militare dell’Antica Roma indicava le truppe di riserva necessarie per soccorrere la falange in prima linea.

Oggi riguarda i rapporti tra Stato e Società Civile e indica il principio secondo cui le strutture e le istituzioni devono occuparsi dei soli aspetti del bene comune a cui non possono adeguatamente provvedere le strutture e le istituzioni di livello inferiore e i corpi sociali intermedi ossia: le organizzazioni sindacali, quelle professionali, le comunità locali, il volontariato, l’associazionismo ecc.

Le modalità e le regole del principio di sussidiarietà:

  • il potere deve essere attribuito ai livelli dell’organizzazione più bassi possibile e di minori dimensioni;
  • i gradi più elevati e di maggiori dimensioni non devono invadere il potere decisionale che attiene a quelli più bassi e di minori dimensioni;
  • livelli superiori o di maggiore dimensione non devono limitare il pieno manifestarsi della capacità tanto dei singoli quanto delle comunità (autonomia di organizzazione, di gestione e di governo);
  • ad ogni livello e dimensione della società va rafforzata la capacità di autogoverno del cittadino e della sua comunità di riferimento, riconoscendo loro il diritto di organizzarsi e gestire direttamente funzioni di carattere pubblico.
  • La sussidiarietà può essere orizzontale o verticale. La prima si fonda sul presupposto della necessità di coordinamento tra Stato, mercato e organizzazioni senza finalità di lucro, in relazione alle rispettive capacità e competenze. Nella seconda, la sussidiarietà verticale, il processo di delega avviene dall’alto verso il basso, ossia riconosce compiti, funzioni e capacità decisionale al livello istituzionale più basso o più vicino ai cittadini.

A fronte di queste definizioni teoriche e di principio, occorre fare i conti con quanto avvenuto con Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione” e in particolare con l’art. 4.

Nell’ultimo comma dell’articolo quell’aspetto della sussidiarietà che concerne i rapporti tra pubblico e privato e che va sotto il nome di sussidiarietà orizzontale non si esprime in termini di possibilità, ma fonda un obbligo giuridico di favorire l’iniziativa privata.

“(…) Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà “.

Ciò significa che, ove il privato agisca e la sua azione possieda quei caratteri di efficacia ed efficienza che ne rivelano la capacità di soddisfare le esigenze di interesse generale, non solo deve essere sostenuta (con finanziamenti e con infrastrutture), ma non può essere soppressa o sostituita dall’iniziativa pubblica.

Nel nostro Paese, emerge sempre più chiaramente la crisi della rappresentanza politica al punto tale che oggi si parla di post-democrazia per sottolineare una democrazia matura ma anche stanca.

In questo contesto la sussidiarietà diventa l’idea forte di una visione che parte dal cittadino, che diviene il baricentro stesso del sistema nella prospettiva dello sviluppo della persona umana dove il punto nodale è il policentrismo e dove la partecipazione si realizza come affiancamento, con funzioni e capacità altre e distinte proprie dei cittadini, alle funzioni e capacità delle istituzioni.

Il problema è che si sta sempre più concretizzando una lettura “neoliberista” del principio di sussidiarietà che vede la riduzione di questo principio ad una mera limitazione dell’intervento dello Stato nei settori in cui il privato può “fare da sè”.

Chi scrive ritiene invece di fondamentale importanza ridare alla sussidiarietà il valore democratico e partecipativo per il quale è nato, al fine di permettere alle comunità locali e alla società civile la gestione di quella parte di sistema sociale chiamato Beni Comuni.

Per saperne di più

Il principio di sussidiarietà é uno dei fondamenti della Dottrina Sociale della Chiesa. Di esso si trovano tracce già in autori quali, per esempio, San Tommaso d’Aquino che ritiene che il bene comune, concepito solidaristicamente, debba utilizzare il principio di sussidiarietà per la sua concreta realizzazione in quanto la persona, pur protagonista, è sempre considerata bisognosa di un subsidium ossia di un aiuto.

Da questo ne deriva che il potere pubblico risulta essere da una parte indispensabile e dall’altra limitato nel suo agire, in quanto sussidio/aiuto alla persona protagonista.

In tempi più recenti, di esso parla la Rerum Novarum (1891) di Leone XIII, ma la formulazione classica é contenuta nell’enciclica Quadragesimo Anno (1931) di Papa Pio XI: “(…)siccome non é lecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le loro forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così é ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare.” Ne deriverebbe “un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società” poiché “l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa é quello di aiutare in maniera suppletiva (subsidium afferre) le membra del corpo sociale, non già distruggerle ed assorbirle.”. Di conseguenza, “é necessario che l’autorità suprema dello Stato rimetta ad assemblee minori ed inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minore importanza” per poter “eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a lei sola spettano (…) di direzione, di vigilanza, di incitamento, di repressione, a seconda dei casi e delle necessità.”

Troviamo una ulteriore affermazione del Principio di Sussidiarietà nella lettera Enciclica “Mater et Magistra” (1961) di Papa Giovanni XXIII, nella parte seconda, intitolata “Precisazioni e sviluppi degli insegnamenti della Rerum Novarum”. In essa si legge che “Il mondo economico è creazione dell’iniziativa personale dei singoli cittadini, operanti individualmente o variamente associati per il perseguimento di interessi comuni. Però in esso, per le ragioni già addotte dai nostri predecessori, devono altresì essere attivamente presenti i poteri pubblici allo scopo di promuovere, nei debiti modi, lo sviluppo produttivo in funzione del progresso sociale a beneficio di tutti i cittadini. La loro azione, che ha carattere di orientamento, di stimolo, di coordinamento, di supplenza e di integrazione, deve ispirarsi al «principio di sussidiarietà»”.

Per quanto riguarda la Chiesa, relativamente  alla sussidiarietà̀, si vedano: il Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale di Paolo VI Gaudium et spes ; di Giovanni Paolo II, l’Enciclica Sollicitudo rei socialis  e la Centesimus annus ed in fine Congregazione per la Dottrina della Fede (già Santa Inquisizione e già Sant’uffizio) l’Istruzione Libertatis conscientia del1987.

Marco Veronesi

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