Assemblea nazionale SI: documento politico, 20 Febbraio 2022

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Sinistra Italiana sostiene senza ambiguità la causa della pace.

Il nostro paese ha il dovere di perseguire senza sosta la via diplomatica e di rigettare qualsiasi ipotesi di coinvolgimento nel conflitto ucraino.

Quarant’anni fa, nel pieno della guerra fredda malauguratamente seguita alla catastrofe della Seconda guerra mondiale, è cresciuto in Europa un grande movimento pacifista, il primo movimento veramente europeo, mobilitato contro l’installazione dei missili nucleari in tutto il continente, i Pershing e i Cruise americani e gli SS20 sovietici. È urgente rilanciare quella mobilitazione, ricucire le fila di quello schieramento che allora si riuscì a costruire contro la guerra, perché siamo nuovamente difronte al rischio di uno scontro armato nel cuore dell’Europa, attorno all’Ucraina.

La guerra allora non è scoppiata, ma purtroppo non siamo riusciti a smontare la cultura medioevale che oggi ce ne ripropone la minaccia: l’idea che i conflitti si affrontano con le armi, che i patti devono esser stretti fra quelli dello stesso campo, anziché, come sarebbe giusto, stabiliti con l’avversario, per giunger a un accordo, almeno a un compromesso che impedisca il devastante ricorso alle armi. E così oggi ci ritroviamo ancora una volta davanti alla minaccia concreta di una deflagrazione mondiale. Tornare a mobilitarsi per la pace è il primo, più urgente e importante dovere nostro e di tutti quelli che sanno a quali orrori porta una guerra. Dei giovani, innanzitutto, i primi destinati ad esserne vittime.

Ma dobbiamo essere anche consapevoli che se si è arrivati al punto in cui in queste ore siamo alla frontiera dell’Ucraina non è per caso, ma per via di scelte politiche che definire irresponsabili è poco. Dobbiamo indicarle e denunciarle se vogliamo davvero sradicare il pericolo.

Con la caduta del Muro nel 1989 e lo scioglimento del Patto di Varsavia si era aperta l’occasione per l’Unione Europea di costruire finalmente una rete di collaborazione capace di abbracciare tutto il continente, inclusi i paesi più vicini ma anche la nuova Russia, parte integrante della nostra storia culturale. L’occasione di dare peso e autonomia all’Europa e di far nascere davvero quello che era scritto negli slogan del movimento pacifista: “un’Europa senza missili dall’Atlantico agli Urali”. Quell’occasione è stata invece perduta ed è stata imboccata una linea opposta: estendere il vecchio

blocco atlantico sempre più verso oriente, annettere, assimilandoli al nostro modello liberista, tutti i vicini orientali, isolando la Russia attorno alla quale si è cominciato a costruire una nuova cortina di ferro.

Un vero assedio, col risultato di suscitare una sacrosanta reazione del popolo russo che ha contribuito a creare nel paese la pericolosa popolarità di Putin che ha speculato sulle frustrazioni create dall’arroganza americana.

L’integrità Ucraina non c’entra niente in questa vicenda, il solo modo per garantire a quel paese autonomia e libertà non è farlo entrare nel patto Atlantico, ma quella di far diventare il paese un ponte che apre la strada alla collaborazione con chi sta più ad est e creare ovunque sempre più vaste aree smilitarizzate. Il governo italiano deve muoversi con chiarezza in questa direzione.

La pace, come la giustizia sociale e ambientale, sono gli assi fondamentali su cui impostare la nostra iniziativa politica nella fase che si apre.

Ad un anno dalla nascita del Governo Draghi, appare quanto mai corretta la nostra scelta di collocarci all’opposizione, come è stato reso evidente dallo sciopero generale di dicembre e oggi, tra l’altro dalle mobilitazioni studentesche e ambientaliste.

Le scelte fatte sul piano della politica fiscale sono infatti regressive, il lavoro è quanto mai povero e precarizzato, la transizione ecologica avanza a passo del gambero promuovendo vecchie soluzioni e spacciandole per innovazione, il potenziamento degli strumenti della sanità pubblica non è all’altezza dei problemi.

Il DDL Concorrenza è un provvedimento che appare ispirato da una palese ideologia neoliberista in cui la logica di mercato sovrasta i beni comuni, nonostante la realtà dei fatti dimostri il fallimento della gestione privatistica, soprattutto nel servizio idrico, con l’aumento delle tariffe, gli errati investimenti sulle reti, l’aumento dei consumi e dei prelievi, il peggioramento della qualità del servizio, in pratica un grave vulnus di democrazia.

Il PNRR, che rappresenta ufficialmente la ragion d’essere dell’esecutivo, appare ormai anche ai suoi più grandi sponsor un’occasione perduta, con risorse indirizzate verso pochi potentati o disperse in mille rivoli, senza alcuna strategia di rilancio della vocazione produttiva del paese.

In questo quadro si innesta la ripresa violenta dell’inflazione, che rompe unilateralmente ciò che resta di un patto sociale fondato sul moderatismo salariale in cambio di aumenti contenuti dei prezzi.

“I prezzi del gas sono ai livelli massimi, mentre le compagnie petrolifere segnano profitti per 25 miliardi nell’ultimo trimestre, il livello più alto degli ultimi anni. Il problema non è l’inflazione. Il problema è l’avidità, la collusione, l’ossessione per il profitto delle Compagnie”.

Parole di Bernie Sanders, che valgono negli Stati Uniti come in Italia.

Anche nel nostro paese, infatti, assistiamo ad un incremento vertiginoso degli utili delle grandi aziende energetiche, così come di banche e assicurazioni, mentre l’impennata senza precedenti delle bollette e dei prezzi dei generi di prima necessità falciano i salari e compromettono la possibilità di una vita dignitosa per centinaia di migliaia di famiglie, allargando ulteriormente il numero già intollerabile di chi vive in povertà.

La situazione è talmente intollerabile che persino Draghi da settimane richiama la necessità di un intervento sugli extra profitti delle grandi società.

Peccato, tuttavia, che si limiti alle parole, mentre il Governo assume provvedimenti che non alleviano se non in misura simbolica il carico che l’aumento dei prezzi colloca sullelavoratrici, sui lavoratori e sulle piccole imprese.

Né pare in agenda alcun intervento sul lato dei salari, in grado di invertire la spirale discendente che in 30 anni ha portato il nostro paese ad essere l’unico in Europa con retribuzioni in discesa.

Noi riteniamo invece che proprio la difesa del potere d’acquisto di chi vive del suo lavoro debba essere in questo momento la priorità assoluta della politica italiana. Proponiamo un intervento sul salario minimo legale a 10 euro l’ora, che si accompagni ad una legge sulla rappresentanza che stabilisca valore generale per i contratti firmati dai sindacati più rappresentativi.

Chiediamo che siano tassati per intero gli extra utili di Società energetiche, banche e assicurazioni, con destinazione delle risorse così ottenute al contenimento delle bollette.

Nell’immediato, sosteniamo un intervento in deficit che contenga per intero lo shock indotto dal caro energia.

In prospettiva, va intrapreso senza esitazioni e fin da subito un processo di eliminazione delle fonti fossili dal nostro paniere energetico, che deve invece essere incentrato sulle rinnovabili, a partire da eolico e fotovoltaico, senza alcun cedimento a tentazioni nucleariste, censendo definitivamente le aree da destinare ai progetti per le fonti alternative in modo da salvaguardare le aree protette e quelle più pregiate del nostro territorio che altresì sono fonte primaria per l’incentivazione del turismo. La produzione energetica deve andare di pari passo con la riduzione dei consumi: è impensabile uscire dalla dipendenza dalle fossili mantenendo lo stesso stile di vita.

È necessario che il comparto dell’edilizia, per l’efficientamento energetico, la messa in sicurezza degli edifici e la manutenzione straordinaria delle facciate venga promosso con sussidi sufficienti e stabili, attraverso il controllo dell’intera filiera per evitare che le quantità di denaro messe a disposizione vengano prevalentemente destinate per foraggiare i produttori che hanno fatto lievitare i prezzi.

Riteniamo che l’attuale contingenza dimostri tutti i limiti del mercato nel poter gestire la transizione e che pertanto sia giunto il momento di investire sul ritorno ad un forte ruolo pubblico nella programmazione, produzione e distribuzione dei flussi energetici, come fu fatto con la nascita dell’ENEL.

L’aumento prospettato delle estrazioni di gas in Italia non produrrà d’altra parte alcun vantaggio, se non per i bilanci di ENI, mentre rimane problematica la nostra dipendenza da fonti fossili estere, come dimostra l’attuale crisi ucraina.

Si avvia a conclusione la campagna Next Generation Tax, che ci ha visti impegnati sul fronte cruciale della redistribuzione e dell’equità fiscale e che richiede un ultimo, decisivo sforzo.

Alla luce delle recenti posizioni espresse dalla Corte costituzionale sui referendum riguardanti l’Eutanasia legale e la Cannabis, riteniamo inoltre fondamentale rinnovare la nostra iniziativa politica per indirizzare il Paese sulla strada dei diritti.

Le ragioni profonde del perché sia necessario ricorrere ai referendum stanno tutte nella inadeguatezza di una classe dirigente che continua a porre l’ideologia davanti le necessità concrete delle persone.

Siamo stanchi di prese di posizione conservatrici. Il grado di civiltà di un Paese passa attraverso il riconoscimento dei diritti, il rispetto della dignità della vita umana fino alla fine, dalla vivibilità delle nostre carceri e dalle scelte che mirano a depotenziare il potere della criminalità organizzata.

Un monito per continuare a lavorare affinché il Parlamento si assuma la responsabilità di legiferare mettendo da parte moralismo e perbenismo.

E’ su questi punti di programma e non su formule politiciste che si deve lavorare per costruire una coalizione di progresso ecologista, civile e sociale capace di superare il quadro attuale. Sappiamo fin dall’inizio che ci separa, con le forze con cui abbiamo condiviso la stagione positiva del Conte 2, il sostegno all’attuale governo. E non abbiamo considerato questa pur rilevante differenza con Pd e 5 stelle come ostativa a future alleanze. Ma pensiamo che il sostegno acritico di queste forze politiche al governo Draghi rischi di pregiudicare questa prospettiva, come peraltro sta già avvenendo in alcuni territori in vista delle prossime elezioni amministrative. E che sia invece necessario riprendere le iniziative positive attuate dal Governo Conte 2, per dare vita ad una coalizione che allo stato non c’è ma che continuiamo a considerare fondamentale per il futuro e per non consegnare il paese alle destre.

Va da questo punto di vista valutato positivamente il rapporto avviato con Europa Verde, che ci ha consentito attraverso il patto di consultazione di affrontare positivamente la fase dell’elezione del Presidente della Repubblica, e che oggi va rafforzato per costruire una prospettiva diversa per il nostro paese, nell’ottica della lotta ai cambiamenti climatici, per la giustizia sociale, i beni comuni e l’uguaglianza.

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