L’appello di giornalisti e intellettuali promosso da Articolo 21: “La voce dei pacifisti inesistente sui media”
Il mondo dell’informazione si unisce per lanciare un appello alla pace in Ucraina. A promuoverlo è stato Articolo 21 che ha raccolto, e sta raccogliendo, firme da parte di giornalisti e intellettuali italiani alla mail redazione@articolo21.info.
Un’iniziativa che “vuole essere un momento di dibattito per gli addetti dell’informazione e per chi dell’informazione usufruisce; un’occasione per ripensare i nostri schemi in tempo di conflitto, uno sforzo per fare in modo che l’ecosistema informativo in questo momento di crisi possa essere all’altezza del gravoso compito che ricade su tutti noi”.
Nell’appello si legge che “siamo di fronte alla più grande minaccia alla pace dal 1945 e come giornalist* e cittadin* non possiamo ignorare di avere un ruolo cruciale sugli sviluppi di questo momento storico nel quale risuona, con ancora più forza, l’articolo 11 della nostra Costituzione: l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”
TESTONDELL’APPELLO
Articolo 21 lancia un appello alla pace e alla libertà d’espressione nel mondo dell’informazione con giornalisti e intellettuali del Paese. L’appello aperto, al quale chiunque può aderire inviando una mail a redazione@articolo21.info, vuole essere un momento di dibattito per gli addetti dell’informazione e per chi dell’informazione usufruisce; un’occasione per ripensare i nostri schemi in tempo di conflitto, uno sforzo per fare in modo che l’ecosistema informativo in questo momento di crisi possa essere all’altezza del gravoso compito che ricade su tutti noi.
Siamo di fronte alla più grande minaccia alla pace dal 1945 e come giornalisti e cittadini non possiamo ignorare di avere un ruolo cruciale sugli sviluppi di questo momento storico nel quale risuona, con ancora più forza, l’articolo 11 della nostra Costituzione: l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Da sempre l’informazione italiana è votata al pluralismo e all’equilibrio informativo, ma se in tempo di pace l’equilibrio si svolge nelle dinamiche tra maggioranza e opposizione, sindacati e imprenditori, procura e avvocati difensori e così via, in tempo di conflitto dobbiamo urgentemente rivedere i nostri schemi. In tempo di conflitto l’unico contraddittorio all’altezza della guerra: è la pace.
Eppure la pace, a una settimana dall’inizio di questa crisi mondiale, latita. Latita sia negli studi televisivi, dove si costruiscono parterre senza la voce dei pacifisti, che sui giornali, così concentrati sulla narrazione del conflitto, da aver dedicato all’annuncio della manifestazione nazionale per la pace di sabato nella Capitale solamente un pugno di righe. Il tutto si svolge poi in un clima nel quale, in piena contraddizione con l’articolo 21 della nostra Costituzione, caposaldo della libertà d’espressione, rischiamo di cedere alla facile tentazione di censurare qualsiasi opinione diversa da quella maggioritaria, col rischio di cadere nelle stesse trappole antidemocratiche che hanno portato la Russia di Putin all’inaccettabile gesto di invasione al quale abbiamo assistito. Se il solo pronunciare la parola Dostoevskij può bastare a far alzare cori di censura, sono evidenti i rischi che stiamo correndo nei confronti di un libero dibattito all’altezza del nostro Paese.
Al pari di quella bellica, dobbiamo quindi evitare un’escalation mediatica. Dobbiamo interrompere quella narrazione puramente tensiva che, ispirata da una legittima cronaca dei fatti, sta fertilizzando un terreno d’odio in grado di generare conseguenze incalcolabili. Avvertiamo inoltre la tentazione generalizzata dei mass media di utilizzare toni apocalittici e termini dotati di un altissimo carico emotivo, che seppur in sintonia con il momento di grave crisi, rischiano di creare un ecosistema informativo tossico e un effetto a cascata che non farà che allontanare le popolazioni mondiali dal confronto razionale, obiettivo e mirato alla tregua.
C’è bisogno di dare un’attuazione pratica all’articolo 11 della Costituzione, adottando anche nel linguaggio una scelta delle parole giuste per raccontare questo momento cruciale, dando più voce alla pace, abbassando i toni d’odio per lasciare spazio al dialogo, invitando i pacifisti in televisione, aprendo rubriche che interpellino la voce più che dei kingmaker, dei peacemaker, insomma facendo ciò che da sempre i giornalisti fanno: raccontare la complessità della realtà, con rispetto e responsabilità.
I primi firmatari (elenco in aggiornamento)
Carlo Bartoli
Beppe Giulietti
Daniele Macheda
Tomaso Montanari
Vittorio Di Trapani
Max Brod
Paola Moroni
Ciro Pellegrino
Daniela Bricca
Lorenzo Di Pietro
Francesca Carangelo
Sara Verta
Debora Ergas
Manuela Ferri
Roberta Cerqua
Simone Ceriotti
Claudia Croce
Augusto Piccioni
Raffaella Notariale
Marco Donadio
Goffredo De Pascale
Francesca Fornario
Cesarina Trillini
Serena Rosella
Senio Bonini
Pietro Barabino
Edoardo Lucarelli
Yari Selvetella
Maria Grazia Sarrocco
Daniela Di Marzo
Stefano Maria Sandrucci
Matteo Pucciarelli
Keti Riccardi
Lidia Galeazzo
Elena Martelli
Flora Cassella
Chiara Avesani
Simona Giampaoli
Massimo Bongiorno
Marina Basile
Manuela Pezzola
Manuele Bonaccorsi
Graziella Mengozzi
Maria Angela Spitella
Gemma Giorgini
Carla Lombardi
Luca De Risi
Paolo Ferretti
Francesca Bellino
Carla Lombardi
Francesco Caldarola
Fulvio Paglialunga
Giovanna Savini
Ilaria Cateni
Graziella Di Mambro
Rita Di Francesco
Federica de Denaro
Raffaele Genovese
Simone Gorla
Laura Placenti
Chiara Baldi
Lorella Di Biase
Carmen Di Stasio
Matteo Macor
Pietro Adami
Valentina Longo
Monica Bartocci
Donatella Cupertino
Massimo Gamba
Roberta Covelli
Maurizio Mercuri
Monica Onore
Roberto Secci
Fiorino Pietro Iantorno
Claudio Lenzi
Francesca Romana Elisei
Emilio Mariotti