Il liceo del Made in Italy è un flop, Valditara si fermi. NO AL DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO

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Elisabetta Piccolotti (Avs) a Today.it: “Il governo ha ignorato un parere che chiedeva di mantenere, insieme al nuovo liceo, quello delle Scienze umane a opzione economico – sociale”

Falsa partenza del liceo del Made in Italy, quello che dovrebbe essere il fiore all’occhiello della nuova scuola targata Giorgia Meloni. Pochissime le adesioni da parte degli istituti, piani di studio lasciati metà, cattedre a rischio e tanta confusione. Ne parla, a Today.it, l’onorevole Elisabetta Piccolotti, deputata dell’Alleanza Verdi Sinistra e membro della commissione Cultura della Camera dei Deputati.

Nessuno (o quasi) vuole il liceo del Made in Italy 

“Il ministro Giuseppe Valditara non sa governare – spiega Piccolotti – e il liceo del Made in Italy, argomento su cui la Presidente del Consiglio in campagna elettorale aveva tanto insistito, è solo un’operazione propagandistica. Sul nuovo liceo non si hanno informazioni certe riguardo i percorsi didattici, sulle finalità e sulle competenze che i ragazzi dovranno acquisire. Sono informazioni che andrebbero comunicate sia alle famiglie che ai docenti”.

Docenti che sono molto preoccupati.

“Regna il caos, riceviamo continue telefonate di docenti e molti sono spaventati. Lo è soprattutto chi insegna filosofia e scienze umane, perché ci saranno cattedre che andranno perse e di conseguenza posti di lavoro. Una situazione assurda, perché il Ministero, oltretutto, non risponde a nessuna richiesta di chiarimento. Il liceo delle Scienze umane a opzione economico – sociale aveva quasi 83 mila iscritti, perché cancellare qualcosa che funzionava? È una preoccupazione che non è solo nostra, come dimostra un parere votato in commissione anche dai deputati della destra e ignorato dal governo, che chiedeva all’esecutivo di mantenerlo”.

Il parere che chiedeva al governo di valutare di mantenere l’attuale liceo delle Scienze umane con l’opzione economico – sociale

È normale, nel 2024, diminuire in un percorso di studi le ore di lingua straniera?

“È una scelta davvero errata e farebbe quasi sorridere se non fosse una tragedia. No, non è normale che si tolgano le ore di lingua straniera e non è normale nemmeno che si tolgano le scienze umane, la sociologia e la filosofia. Non è normale perché si tratta di un liceo, quindi è comunque un istituto che deve insegnare agli studenti a pensare in maniera critica. Io sono convinta che ci sia anche una finalità culturale in questa scelta del governo, ovvero quella di cancellare quella parte degli insegnamenti, in particolare le scienze umane, che fanno comprendere ai ragazzi la complessità dei problemi sociali. A questo governo, in sostanza, di persone che pensano autonomamente non importa; cancellano tutto ciò che è pensiero teorico. Si chiamerebbe liceo del made in Italy, contiene parole straniere già nel nome e avrebbe la finalità di formare figure manageriali in un comparto votato alle esportazioni. La lingua inglese dovrebbe essere uno dei pilastri, è tutto molto bizzarro”.

Pochissimi istituti hanno risposto all’appello. Quali sono i rischi?

Nel momento in cui non si riusciranno a formare le nuove classi e il corso di studi del vecchio liceo verrà meno, potremmo trovarci con un liceo in meno. La vera domanda che ci facciamo è: come mai non hanno deciso di potenziare gli istituti tecnici? Poteva essere una scelta più coerente e lo avevano anche annunciato, avevano detto che bisognava dare più dignità agli istituti tecnici e professionali. L’impressione è che abbiano voluto utilizzare la più blasonata dicitura ‘liceo’, facendo un pastrocchio”.

I licei lamentano di aver avuto pochi giorni per poter valutare. Non le sembra tutto molto superficiale? 

“È davvero anche una mancanza di rispetto nei confronti degli studenti. Noi crediamo che le iscrizioni saranno poche, sicuramente meno di quelle dell’attuale liceo. Per questo chiediamo l’immediata sospensione di questo avvio fallimentare del liceo del Made in Italy. Chiediamo al governo di tornare in aula e discuterne con tutti”.

Si può fare?

“Potrebbero tranquillamente revocare gli atti e dire alle scuole di mantenere le sezioni del liceo delle scienze umane con opzione economico – sociale, fermando questo fallimento annunciato. Siamo anche molto preoccupati dal fatto che di fronte a questo flop ci siano delle pressioni di natura politica su docenti e presidi: sappiamo di consigli d’istituto riconvocati per rifare la votazione che aveva dato esito negativo. C’è uno scarso consenso da parte dei docenti e si sta cercando di forzare la mano per dimostrare che i numeri sono buoni, ma, come fanno notare tutti i sindacati, sono pochissimi gli istituti che hanno aderito”.

Nel mondo sindacale c’è chi sostiene che il governo voglia un’istruzione funzionale a offrire mera manovalanza alle aziende. Condivide questa preoccupazione?

“Non è solo una preoccupazione, purtroppo è una certezza. Ed è una lesione del diritto degli studenti ad avere una formazione di qualità. La Costituzione italiana prevede che la scuola che formi i cittadini del futuro, non manodopera per le imprese; per quello c’è la formazione professionale. E la formazione professionale si fa in azienda dopo aver completato il ciclo di studi, perché il ciclo di studi ci deve dare gli strumenti per stare al mondo e per affrontare diverse tipologie di lavoro. E invece il governo Meloni, con la riforma del tecnico professionale che ha ridotto di un anno il percorso di studi, unita a questo nuovo liceo e all’annunciato ingresso dei privati nei luoghi decisionali della scuola, vuole una didattica eterodiretta dalle imprese”.

Lo scopo di tutto questo?

“Perché così scaricano i costi della formazione professionale sulla scuola e quindi sullo Stato, sgravando le imprese da questi costi. Oggi il lavoro precario dura tre mesi, sei mesi, un anno: c’è un continuo avvicendamento e le imprese vogliono dei ragazzi già pronti, che non hanno bisogno di formazione perché già formati con i soldi dello Stato. Ragazzi già pronti a essere assunti e licenziati in qualsiasi momento. È il modello della precarietà, del lavoro povero e della riduzione della qualità della nostra democrazia”.

E se gli studenti protestano, come al Tasso e in altri licei della Capitale, rischiano 5 in condotta e dieci giorni di sospensione, con tanto di benedizione, da parte del ministro, del preside – sceriffo…

“Sì, sembra un film di fantascienza. Questo governo vuole ragazzi tutti uguali, irregimentati, tutti subalterni e disciplinati, ma questa non è la realtà del mondo giovanile. È normale, anzi, giusto e salutare, che ci siano mobilitazioni, proteste, occupazioni. L’atto politico dell’occupazione della scuola è quello con cui i studenti si prendono il loro spazio per sentirsi parte della società, è un momento in cui vanno ascoltati. Questa repressione dà un messaggio completamente contrario e anche per questo noi stiamo elaborando alcune proposte per depenalizzare i reati legati alla politica, anche nella scuola. Lo facciamo per i ragazzi di “Ultima generazione” che vengono denunciati per “attentato alla sicurezza stradale”, per gli operai che finiscono in tribunale per essersi mobilitati per difendere il proprio lavoro, per gli studenti delle scuole che vengono bocciati se fanno l’occupazione: quella che stiamo vedendo si chiama repressione del democratico dissenso”.

Elisabetta Piccolotti  Today.it

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NO AL DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO

Il 4 gennaio la Regione Lazio ha approvato la delibera sul dimensionamento, che prevede l’accorpamento di 20 istituti scolastici, scelti senza nessuna consultazione delle scuole coinvolte e dei territori colpiti.

La motivazione è risparmiare ancora su un servizio fondamentale come la scuola, dopo decenni di tagli.

Gli istituti coinvolti vedranno l’accorpamento di presidenza e segreteria, con aumento del carico di lavoro per questi ed enormi disagi per l’utenza, ma soprattuto con il rischio che alcuni plessi negli anni vengano chiusi.

Ad aggravare la situazione il fatto che gli istituti colpiti sono in zone di periferia o in aree interne, territori dove la scuola svolge un ruolo fondamentale e gli istituti hanno bisogno di una propria autonomia, dove è già forte l’abbandono scolastico.

Dopo settimane di mobilitazioni e assemblee il Comitato No Dimensionamento convoca un presidio per mercoledì’ 28 febbraio alle 16 sotto la sede della Regione Lazio alla Garbatella, a Piazza Oderico da Pordenone, per manifestare la contrarietà a questo ulteriore taglio sulla scuola pubblica e per chiedere un incontro all’assessore alla scuola Schiboni. Lo stesso giorno l’IC Pirotta sarà in sciopero per rafforzare la giornata di lotta.

C’è bisogno che le insegnanti, i genitori, i bambini e gli abitanti dei quartieri colpiti riempiano questa piazza per gridare con forza che la scuola non si tocca, che il dimensionamento deve essere fermato.

Siamo stanchi di vivere in territori abbandonati, siamo stanche di subire decisioni di una classe politica che continua a dirci che per noi le risorse non ci sono.

Le istituzioni responsabili di queste decisioni, dalla Regione fino al ministro Valditara, devono ascoltare la nostra voce!

NO AL DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO

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