La disuguaglianza non conosce crisi

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Oxfam conferma il divario esasperato tra i pochi ricchissimi e i più in povertà. All’origine le politiche governative e le tassazioni a favore dei “paperoni”

Nel mondo decine di milioni di persone in più soffrono la fame; centinaia di milioni di persone non riescono a fare fronte ai rincari dei prezzi di beni primari e servizi e la crisi climatica non si arresta.  Se qualcuno perde, qualcun altro guadagna: ma a perdere sono sempre gli stessi. Dal Rapporto Oxfam sulle disuguaglianze potremmo drammaticamente dire che non arriva nulla di nuovo, se non numeri preoccupanti che smentiscono i proclami d’inizio pandemia, secondo i quali ne saremmo usciti migliori e avremmo invertito un sistema che impoverisce i più e distrugge il nostro pianeta.

La forbice si allarga

In occasione del World Economic Forum di Davos, Oxfam ha quindi presentato i dati di autorevoli fonti internazionali corredati dal frutto della sua presenza in 87 Paesi. Dati dai quali emerge che negli ultimi dieci anni i miliardari hanno raddoppiato le loro ricchezze, complici anche la pandemia da Covid e lo scoppio della guerra in Ucraina.  Tra dicembre 2019 e novembre 2021, l’incremento della ricchezza è andato all’1% più ricco ed è stata quasi doppia rispetto a quella andata al restante 99%. Per dirla in soldoni, dal 2020 la ricchezza dei miliardari è cresciuta al ritmo di 2,7 miliardi di dollari al giorno. Un esempio: lo scorso anno 95 big di cibo ed energia hanno raddoppiato i profitti, ma l’84% è andato agli azionisti.

I numeri in esame non risparmiano nessun Paese, ma a farne le spese maggiori sono gli abitanti delle aree già storicamente più povere e disagiate. A livello globale tra 702 e 828 milioni di persone hanno sofferto la fame nel 2021, quasi una persona su 10. L’inflazione crescente ha superato l’aumento dei salari e la situazione peggiorerà anche a causa della diminuzione della spesa pubblica da parte dei tre quarti dei governi mondiali.  Ancora una volta la peggio l’hanno le donne, sulle quali grava inoltre un sovrappiù d’insicurezza alimentare, con un conseguente aumento del divario di genere.

I privilegiati sono i soliti

Oxfam precisa che per la prima volta in 25 anni aumentano simultaneamente estrema ricchezza ed estrema povertà: “Mentre la gente comune fa fatica ad arrivare a fine mese – ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International – i super-ricchi hanno superato ogni record nei primi due anni della pandemia, inaugurando quelli che potremmo definire i ruggenti anni ’20 del nuovo millennio. Pur a fronte di un 2022 nero sui mercati, a non restare scalfito è il destino di chi occupa posizioni sociali apicali, favoriti anche da decenni di tagli alle tasse sui più ricchi, che ne hanno consolidato le posizioni di privilegio”.

Allora è il momento di intervenire fiscalmente in modo serio, anche con una patrimoniale: “Un sistema fiscale più equo, a partire da un maggiore prelievo sugli individui più facoltosi – aggiunge Bucher -, è uno degli strumenti di contrasto alle disuguaglianze. Un’imposta del 5% sui grandi patrimoni potrebbe generare per i Paesi riscossori risorse da riallocare per obiettivi di lotta alla povertà a livello globale affrancando dalla povertà fino a due miliardi di persone”.

Il boom italiano delle disuguaglianze

E veniamo all’Italia. Dopo la pandemia quasi due milioni di famiglie vivono in povertà assoluta; il 5% della popolazione più ricco detiene una ricchezza superiore a quella dell’intero 80% di più poveri; i salari sono crollati per oltre sei milioni di dipendenti privati, senza che gli adeguamenti coprano l’inflazione. Anche in questo caso Oxfam interviene sull’insufficienza dei provvedimenti, affermando che “Se il dilagare del lavoro povero rappresenta una caratteristica strutturale del mercato italiano, destano preoccupazione le iniziative già messe in campo e le intenzioni del nuovo Governo – sono parole di Mikhail Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia -. Piuttosto che disincentivare il ricorso a forme di lavoro atipico che intrappolano nella precarietà milioni di lavoratori, il governo allarga le maglie per il lavoro discontinuo e invoca ulteriori interventi di flessibilizzazione. La previsione di un salario minimo non è all’ordine del giorno e gli incentivi all’occupazione – all’insegna del ‘più assumi, meno paghi’ – non sono valutati sotto la lente della qualità e sostenibilità dell’occupazione promossa, lasciando il ruolo per lo sviluppo di una buona occupazione alle convenienze economiche e fiscali delle imprese”.

Quello che serve è un’agenda politica per l’equità, dice Maslennikov: contrasto al caro-vita e alla povertà; mantenimento del reddito di cittadinanza, ma rendendolo più efficiente; promozione di accordi tra le parti sociali per ridefinire una più efficace indicizzazione dei salari ai prezzi; maggiori risorse contro il caro-energia. Altre richieste sono le stesse formulate a livello globale, come il potenziamento della tassa sugli extraprofitti nel comparto energetico fossile e poi farmaceutico e assicurativo, l’aumento della contribuzione a carico dei più ricchi e lo spostamento della tassazione dal lavoro a rendite, profitti e interessi. In buona sintesi si chiede di abbandonare le politiche di “questa nuova stagione politica, che si sta contraddistinguendo più per il riconoscimento e la premialità di contesti e individui che sono già avvantaggiati che per la tutela dei soggetti più deboli”.

https://www.collettiva.it/copertine/internazionale/2023/01/16/news/disuguaglianza-poverta-fame-salari-patrimoniale-2639096/

 

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