Le parole possono essere suddivise in tante categorie, oltre quelle grammaticali, e possono essere quindi definite in tanti modi.
Alcuni anni fa, ad esempio, mi capitò di ascoltare un intervento di Roland Barthes, il famoso semiologo e critico letterario francese, il quale affermava: “Le parole sono fasciste”. La spiegazione fu poi chiara: le parole costringono il pensiero, evocano, indicano, obbligano ma nascondono, mistificano, dicono falsità e sono usate dal potere per dominare e dai potenti per governare.
Prendiamo per esempio il verbo ‘apparire’. Apparire è sia manifestarsi che nascondersi. E’ una di quelle parole che può avere un doppio significato di opposti.
Per esempio: ‘quell’uomo è apparso all’improvviso’ vuol dire che prima non c’era o non si vedeva ma a un certo punto si è visto, c’è. Invece ‘quell’uomo appare remissivo, invece è tenace’ sta a indicare un’illusione, un modo di rappresentare una finzione.
Apparire è, da questo punto di vista, una parola ambigua.
Attenzione però, perché c’è una trappola in questo ‘ragionamento’: apparire è una parola che porta due significati, designa due situazioni ma non è ambigua, è chiara. L’ambiguità è nei processi, nelle azioni che descrive e soprattutto nell’uso. Lo sapeva bene Shakespeare che nel suo Amleto, principe di Danimarca, fa dell’apparire sia una dimensione esistenziale: “To be or not to be that is the question” (“Essere o non essere questo è il dilemma ”), sia una dimensione onirica: “To die, to sleep. To sleep, perchance to dream” (“Morire, dormire. Dormire, forse sognare”).
L’uso ambiguo che nella quotidianità si fa con alcune parole, è talmente entrato nella nostra testa al punto che perdiamo la vera comprensione del significato. Anzi ritengo, sulla scia di Barthes, che sia fatto apposta per occultare una parte di significato, per creare una vera e propria mistificazione. Usate per brevità, queste parole finiscono per rappresentare solo una parte e quindi nascondono un pezzo di quello che sarebbe necessario dire, descrivere, raccontare.
Ad esempio, sentiamo continuamente dire dai media o leggiamo sui giornali frasi del tipo: ‘Le borse stanno in sofferenza’ oppure ‘le borse tremano’ o ancora ‘la borsa x ha guadagnato y’. Questa mattina, a due giorni dall’invasione dell’Ucraina da parte dei russi, ho sentito dire in TV ‘le borse rimbalzano’:
Ma la borsa non è un essere che soffre, trema, guadagna; non è una palla che rimbalza; la borsa è un insieme di persone che fanno delle cose (che non definirei come belle). Andrebbe detto ‘chi agisce in borsa trema o soffre o sta guadagnando’. Certamente se questo fosse detto apertamente, sarebbe più chiaro che ci sono delle persone che stanno speculando, guadagnando o perdendo, che ci sono delle persone che hanno precise responsabilità sull’andamento e sulle malefatte della finanza.
Analoga cosa vale per la parola mercato/i: ‘il mercato sa trovare il suo equilibrio e regola i prezzi’ oppure ‘è la legge del mercato’ o ancora ‘bisogna lasciare libero il mercato’. Il ‘mercato’ non è un ente astratto ma un concreto insieme di persone che prendono delle decisioni, che fanno cose come per esempio delocalizzare o licenziare o alzare i prezzi o abbassare i salari.
Discorso a parte merita la parola guerra.
E’ una parola che nella storia dell’umanità ha spronato, ha nascosto, ha mistificato; ma è anche un grande contenitore.
La parola guerra contiene le bombe intelligenti, ma aggiungerei usate da cretini; la guerra contiene i danni collaterali, che altro non sono che morti innocenti; la parola guerra contiene il fuoco amico, ma che amico è uno che ti uccide?
Contiene il dolore di migliaia di persone, case distrutte, corpi straziati, vite spezzate, atroci sofferenze, prepotenze, sadismo e tanta, tanta disperazione. E poi la parola guerra contiene l’arricchimento di chi vende le armi e di chi specula su quello che accade alle popolazioni.
La parola guerra contiene l’indicibile dell’umanità e come ha scritto il filosofo del linguaggio Ludwig Wittgenstein quello che non può essere detto va taciuto.
Però, c’è la musa Calliope, l’arte della poesia che permette di dire l’indicibile.
Ne propongo tre, di autori differenti e di epoche diverse che riescono a dire, in versi, tutto quello che è necessario dire: Rodari, De Andrè, Trilussa. E … meditate gente, meditate.
Promemoria
Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie da non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio la guerra.
G.Rodari
Girotondo
Se verrà la guerra, Marcondiro’ndero
Se verrà la guerra, Marcondiro’ndà
Sul mare e sulla terra, Marcondiro’ndera
Sul mare e sulla terra chi ci salverà?
Ci salverà il soldato che non la vorrà
Ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà
La guerra è già scoppiata, Marcondiro’ndero
La guerra è già scoppiata, chi ci aiuterà
Ci aiuterà il buon Dio, Marcondiro’ndera
Ci aiuterà il buon Dio, lui ci salverà
Buon Dio è già scappato, dove non si sa
Buon Dio se n’è andato, chissà quando ritornerà
L’aeroplano vola, Marcondiro’ndera
L’aeroplano vola, Marcondiro’ndà
Se getterà la bomba, Marcondiro’ndero
Se getterà la bomba chi ci salverà?
Ci salva l’aviatore che non lo farà
Ci salva l’aviatore che la bomba non getterà
La bomba è già caduta, Marcondiro’ndero
La bomba è già caduta, chi la prenderà?
La prenderanno tutti, Marcondiro’ndera
Sian belli o siano brutti, Marcondiro’ndà
Siam grandi o siam piccini li distruggerà
Sian furbi o siano cretini li fulminerà
Ci sono troppe buche, Marcondiro’ndera
Ci sono troppe buche, chi le riempirà?
Non potremo più giocare al Marcondiro’ndera
Non potremo più giocare al Marcondiro’ndà
E voi a divertirvi andate un po’ più in là
Andate a divertirvi dove la guerra non ci sarà
La guerra è dappertutto, Marcondiro’ndera
La terra è tutta un lutto, chi la consolerà?
Ci penseranno gli uomini, le bestie, I fiori
I boschi e le stagioni con I mille colori
Di gente, bestie e fiori no, non ce n’è più
Viventi siam rimasti noi e nulla più
La terra è tutta nostra, Marcondirondera
Ne faremo una gran giostra, Marcondirondà
Abbiam tutta la terra, Marcondiro’ndera
Giocheremo a far la guerra, Marcondiro’ndà
La guerra è una gran giostra, Marcondirondera
La faremo tutta nostra, Marcondirondà
Abbiam tutta la guerra, Marcondirondera
Giocheremo a far la terra, Marcondirondà
Abbiam la terra nostra, Marcondirondera
Per far la guerra giostra, Marcondirondà
Abbiam la terra nostra, Marcondirondera
F. De Andrè
La ninna nanna della guerra
Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d’un impero
mezzo giallo e mezzo nero.
Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Ché quer covo d’assassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.
Fa la ninna, cocco bello,
finché dura sto macello:
fa la ninna, che domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone
Trilussa
(pseudonimo di
(Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri)