Pessoa, Manzoni, Calvino e la valorizzazione del nostro territorio… ma senza rovinarlo

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Come lavora la memoria! Passa da un ricordo all’altro fino a portarti dove non ti aspettavi.

Proprio ieri, per esempio, sono andato, nei ricordi, da Manzoni a Calvino passando per Lisbona fino a qui, al Lago di Bracciano.

Avevo tra le mani un libro molto particolare e poco noto di Ferdinando Pessoa intitolato Lisbona dove, con leggerezza e stile, descrive i monumenti di questa città, che amava e che amo anch’io, senza annoiare nonostante il contenuto da guida turistica.

Mentre lo sfogliavo, leggendo a tratti, mi è balzato alla mente il famoso e meraviglioso incipit de I Promessi Sposi: ”Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutte a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.” (Consiglio vivamente di leggere ancora qualche pagina e riscoprire la bellezza della descrizione)

Il terzo ricordo balenato improvvisamente, e chi sa perché, è stato un piccolo gioiello, come molti suoi lavori: Le Città invisibili di Italo Calvino.

Lo prendo e lo apro dove è il segnalibro: “Inutilmente tenterò di descriverti la città di Zaira dagli alti bastioni. Potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti (…); ma so già che sarebbe come non dirti nulla. Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato. Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere ….

A questo punto ecco un l’ultimo passaggio: si è appena concluso un progetto europeo approvato nell’ambito del Programma ERASMUS+. Il titolo del progetto, al quale ho collaborato, è “Pro-Women. Up-skilling Itineraries for Women as New Cultural Promoters to Enhance Territorial Heritage” ossia Percorsi di riqualificazione delle donne come nuove promotrici culturali per la valorizzazione del patrimonio territoriale.
Il Progetto ha visto partecipi: Cipro, Spagna, Francia, Germania e l’Italia, presente con due regioni Sicilia e Lazio. Il progetto è stato elaborato e coordinato dalla Cooperativa San Saturnino, nella persona della dott.ssa Gabriella Fabrizi, iscritta anche lei a S.I. Lago. 

Durante il percorso formativo, le partecipanti hanno sviluppato un Atlante. Per quanto riguarda l’Italia, le corsiste della Sicilia (coordinate da Federcasalinghe) hanno costruito 4 itinerari sulla città di Gela; nel Lazio le partecipanti al corso (gestito dalla Cooperativa San Saturnino) hanno sviluppato due itinerari su Roma (50 sfumature di Roma Barocca e Le virtù del rione Trevi) e tre sul territorio che va da Martignano a Ladispoli (Antica città di Veio, Dal Mare ai laghi, Visioni litoranee), già pubblicati  e che è possibile vedere https://prowomen-project.eu/it/io3-3/

Interessante è l’approccio utilizzato da questo progetto, ed eccone la sintesi.

Il valore del territorio

C’è una quantità crescente di informazioni riguardanti il nostro pianeta Terra, ma una diminuzione della conoscenza specifica che abbiamo dei luoghi.

Un luogo è molto più di una semplice area geografica e, una mappa, è più di una serie di linee sulla carta: le mappe sono proprio come le lettere e i diari, raccontano storie umane, punti di vista, relazioni.

Il territorio non è quindi solo caratterizzato dalla presenza di insediamenti, strade, popolazioni, elementi naturali e paesaggi. Il territorio è molto più di una semplice area in cui viviamo, dove ci muoviamo e lavoriamo. Soprattutto abbraccia memorie individuali e collettive, azioni, relazioni, eventi e valori che hanno a che fare con le persone, oltre che con la geografia.

Per questo motivo, il territorio contiene in sé le testimonianze della storia culturale e sociale delle persone che lo hanno vissuto e modellato, lasciando tracce delle loro conoscenze ed esperienze come risultato di una lunga interazione tra loro e l’ambiente circostante. 

L’insieme dei resti materiali (come l’alterazione del paesaggio o delle tipologie costruttive) e immateriali (come i miti o le peculiarità linguistiche) rappresenta quello che viene descritto come il patrimonio culturale di un luogo. Ciò comprende non solo le realizzazioni o gli eventi eccezionali, ma anche gli avvenimenti e le pratiche quotidiane.

Nel nostro progetto utilizziamo quindi un concetto “nuovo” di territorio: non solo un luogo in cui si vive e si lavora, ma anche il luogo che conserva la storia delle persone che lo hanno vissuto e lo hanno cambiato nel passato, i segni che lo caratterizzano. C’è la consapevolezza che il territorio contiene un patrimonio variegato, ricco di dettagli, e soprattutto, una rete di relazioni tra gli elementi che lo contraddistinguono. Questo insieme di relazioni invisibili tra elementi lo rende molto diverso e molto di più di un mero inventario di beni materiali e immateriali; pertanto la promozione di un territorio deve essere sviluppata nell’interazione con gli abitanti: perché ne sono parte e quindi possono rivelare tali relazioni. Questo approccio aiuta a evitare la perdita delle conoscenze specifiche dei luoghi, quelle che sono l’espressione della saggezza fondamentale delle generazioni e ne previene il degrado, l’uso selvaggio e l’abbandono. Un luogo comprende i ricordi, spesso collettivi, le azioni e le relazioni, i valori e diversi fatti complessi, a volte più vicini alle persone e ai sentimenti che alla geografia.

Le Parish Map

La Parish Map è uno strumento con cui gli abitanti di un determinato luogo possono presentare il patrimonio, il paesaggio e le conoscenze con cui si identificano e che desiderano trasmettere alle nuove generazioni. Essa mette in evidenza il modo in cui una comunità locale vede e percepisce un territorio e come valorizza le sue memorie, le sue trasformazioni, la sua realtà esistente e come immagina il futuro. Consiste in una rappresentazione cartografica con disegni del territorio, e/o con un racconto o serie di racconti e/o con altro che evidenzi la storia e i valori in cui la comunità si identifica.

Partendo dal presupposto che non si apprezza ciò che non si conosce, una Parish Map, costruita insieme a chi vive nel territorio, permette di riscoprire il reale valore dei luoghi e di recuperare informazioni spesso trascurate o considerate poco significative dalla cartografia classica o dai documenti ufficiali. Una Parish Map è inserita nel territorio e offre la possibilità di scegliere cosa includere e cosa tralasciare della rappresentazione di una comunità e quindi della costruzione di un itinerario.

Storia e significato delle Parish Map

Il concetto di Parish Map è nato nei primi anni ’80 in Inghilterra grazie all’iniziativa della Common Ground, un’organizzazione no profit, che ha scelto di lavorare sulla comprensione e la promozione del patrimonio locale attraverso il coinvolgimento attivo e creativo delle comunità locali. 

Una Parish Map è uno strumento volutamente provocatorio e insolito che non dà risposte assolute alla domanda su cosa significhino i luoghi e sul ruolo degli abitanti. Piuttosto, fornisce prospettive individuali di ciò che la gente considera come ‘preziosa unicità locale’.

Le Parish Map rappresentano i luoghi così come sono percepiti dai loro abitanti, che hanno un’esperienza e un rapporto diretto con il territorio e sono quindi gli esperti di quel territorio.

Nel nostro caso la parola Parrocchia (Parish), non ha niente di religioso, infatti deriva dalla parola tardo latina paroecia vicinato, abitare accanto,  e definisce lo stretto legame tra le persone e i luoghi, la loro interdipendenza vitale e costruttiva, e richiama il senso di appartenenza ad una comunità – un termine che implica comunanza e che esprime chiaramente la semplice domanda: cosa abbiamo in comune?

Con il passare degli anni, le Parish Map possono registrare la conoscenza specifica e non scritta di ogni luogo, mappando i cambiamenti da diverse prospettive e mettendo sempre in evidenza le relazioni e l’interdipendenza tra le persone e i luoghi.

La Parish Map crea un museo diffuso

Con il termine “museo diffuso” siindica un luogo caratterizzato da ambienti, fatti di vita tradizionale, patrimonio naturalistico e storico-artistico, particolarmente importanti e meritevoli di tutela, restauro e valorizzazione.

A differenza di un museo comune, un museo diffuso non è cinto da mura o limitato in alcun modo, ma è un’occasione per scoprire e promuovere un particolare territorio attraverso appositi percorsi, attività didattiche e di ricerca, che si avvalgono della partecipazione della popolazione e delle varie organizzazioni culturali.

Inoltre, il museo diffuso appartiene alla comunità, e comprende non solo le cose della vita quotidiana, ma anche i paesaggi, l’architettura, il know-how, le testimonianze orali tradizionali, ecc.

Il museo diffuso è un ecomuseo

Un’ecomuseo’ è come uno scrigno del tesoro in grado di dare rifugio e contenere l’essenza di un luogo. Gli ecomusei sono musei speciali, che conservano e danno significato al territorio nella sua interezza, mirando a cogliere non solo gli aspetti naturali visibili di un certo luogo, ma anche ad attingere allo spirito esaminando usi e costumi, frugando nel patrimonio del territorio, proprio come quando si fruga in un vecchio baule in soffitta. Il sangue degli antenati scorre nelle vene di una comunità, e il patrimonio delle tradizioni e i costumi, che sono stati lasciati in eredità alle generazioni successive, sono il prodotto di una cultura in cui sono nati e in cui sono immersi.

Un ecomuseo è quindi un portagioie pieno di meraviglie dove si intersecano turismo ecologico (che rispetta e tutela l’ambiente, lo ammira, lo gode e lo utilizza senza depredarlo) e culturale (storico, architettonico, artistico e, perché no, anche culinario) perché un ecomuseo è un piedistallo su cui si posiziona un certo luogo con tutte le sue caratteristiche per valorizzarlo e viverlo senza rovinarlo.

Credo che un turismo diverso, che aiuti a vivere il territorio rispettandolo, che permetta ai visitatori di apprezzare e amare quello che vedono e di crescere su questa esperienza, non solo sia possibile ma è l’unico futuro per il pianeta.  Anche progetti come questo appena presentato, che coniuga lavoro, tutela dell’ambiente, valorizzazione delle tradizioni locali e crescita interiore e culturale dei fruitori, possono aiutare ad indicare anzi, indicano una strada possibile.

Marco Veronesi

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