Ogni sondaggio che esce è lo stesso risultato, che sia EMG, che sia IPSOS, che sia Demopolis, gli italiani contrari all’incremento della spesa militare nazionale sono la maggioranza, come del resto sono maggioranza coloro i quali sono contrari all’invio delle armi in Ucraina, come, infine, sono, in questo caso, schiacciante maggioranza i nostri connazionali contrari a qualsiasi intervento NATO contro la Russia.
Pur sapendo che i sondaggi sono sondaggi e che, certo, non è con le indagini demoscopiche che si governa un Paese, una riflessione, credo, andrebbe condotta sulla esigua rappresentanza di questa maggioranza, passatemi la semplificazione, “non interventista” e, di conseguenza, della contemporanea sovrarappresentanza della minoranza, che, con medesima semplificazione, possiamo definire “interventista”.
Se si guardano i numeri del Parlamento, scopriamo che coerenti a quella che parrebbe l’opinione nazionale prevalente, sono una ventina di onorevoli e una dozzina di senatori, sostanzialmente gli eletti in Sinistra Italiana, in Rifondazione Comunista, in Potere al Popolo, nei Verdi e, infine, una parte dei così detti ex-grillini. Stiamo parlando di un 5% degli scranni parlamentari.
Un manipolo di eletti che, nella migliore delle ipotesi, vengono definiti “alfieri del dissenso”, nella peggiore e più spesso: figli o figliocci o fiancheggiatori, più o meno consapevoli, di Vladimir Putin.
Definizione che, più che a oltraggiare, serve a delegittimare l’interlocutore e le sue ragioni, le sue opinioni, le sue argomentazioni.
È su questa falsa riga che abbiamo così assistito a un tentativo, per altro riuscito, di censura parlamentare, attraverso la minaccia di interrogazioni e la convocazione della commissione di vigilanza Rai, per il “caso” delle corrispondenze da Mosca di Marc Innaro e, quindi, per le ospitate a pagamento di Alessandro Orsini a Carta Bianca.
Tutto ciò, almeno nella rete radiotelevisiva nazionale, ha determinato che le opinioni “interventiste”, seppur minoritarie nel Paese, avessero una netta prevalenza su quelle “non interventiste”, secondo uno slogan, di matrice Partito Democratico, che suona più o meno così: «nessuna par condicio tra aggrediti e aggressori».
Un bel motto, se non che la par condicio sarebbe tra chi vuole spedire le armi in Ucraina e chi no. Ma si sa che la propaganda non va mai per il sottile.
Quel che stupisce però, non è il PD che, secondo i sondaggi, mai è stato così tanto scollato dalle sensibilità del suo elettorato, ma sono i mass media che, indifferenti al polso del Paese, si accodano alla posizione governativa.
C’è chi, non senza coraggio, ha sottolineato come il più grande editore giornalistico italiano, il Gruppo Gedi, appartenga alla famiglia Agnelli che, è noto, anche di vendita di armi vive. Ma se questo può giustificare la posizione interventista di Repubblica&co., poco ci dice degli altri organi di stampa.
Certo, ha fatto notare qualcun altro, c’è anche quel dettaglio che la crisi economica dovuta al covid ha reso ancor più necessari gli aiuti di stato, cioè di emanazione governativa, alle testate giornalistiche, che, viceversa, collasserebbero. Ma anche questo, spiega solo un pezzettino.
Questa vicenda, infatti, a mio avviso, è da intendere come una cartina di tornasole della salute del nostro sistema mass mediatico, cioè del fatto che c’è una parte preponderante del Paese che non ha un giornale o una testata di riferimento.
Succede così che solo una parte, per altro non maggioritaria, ma economicamente prevalente, trovi sovrarappresentazione di istanze e argomenti.
Non si tratta di una novità, in assoluto, ma di un, per così dire, ritorno all’antico. Si ricorderà, infatti, un caustico Friedrich Engels che nel suo “Anti-Dühring”, nel 1878, scriveva:
«Ogni giorno esistono centinaia di esseri umani che, abbindolati dai mezzi di comunicazione, darebbero persino la vita per gli stessi uomini che li sfruttano da generazioni. Io dico: è giusto così. Che questi cagnolini fedeli privi di alcun senso critico, braccio inconsapevole della classe dominante siano in prima fila nella crociata contro l’evoluzione dell’uomo! Saranno i primi a lasciare la faccia della terra».