Aumentano gli occupati, ma non la qualità del lavoro

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In un anno l’incremento dell’occupazione dipendente è per l’82% precaria e i contratti a termine raggiungono la quota di 3 milioni 175 mila: il dato più alto dal 1987. Ed è ancora presto per gli effetti della guerra in Ucraina

Febbraio 2022 è un mese in cui ancora la rilevazione dei dati sull’occupazione risente scarsamente dello scoppio della guerra in Ucraina, di cui vedremo gli effetti con le rilevazioni successive. L’aumento degli occupati fra i lavoratori dipendenti rispetto a Gennaio 2022 è di +24 mila ma con un saldo qualitativo molto negativo. Calano infatti su base mensile di -109 mila i dipendenti permanenti e aumentano di +133 mila quelli a termine che raggiungono il numero complessivo di 3 milioni 175 mila, la quota più alta dal 1977. La crescita su base mensile è quindi prevalentemente di lavoratori indipendenti (+56 mila) di cui però non conosciamo ancora le caratteristiche; così come non conosciamo la quota di part time di tutti questi nuovi occupati.

Anche su base annua la crescita indicata (+777 mila) va attentamente analizzata. Fra i dipendenti l’aumento è di +616 mila unità, suddiviso fra +112 mila dipendenti permanenti e +504 mila a termine. La crescita occupazionale in un anno è composta per l’82% da contratti precari. Non solo, la fascia di età che aumenta complessivamente di più è quella degli over 50 (+303 mila, il 38% del totale), ed è quindi più che ipotizzabile che gran parte della precarietà si addensi nelle fasce di età più basse.

Siamo dunque tornati attorno ai dati complessivi di occupazione del 2019, ma la qualità di tale occupazione è drasticamente peggiorata. E in ogni caso, come più volte evidenziato, non può essere quello del 2019 l’obiettivo da raggiungere perché conferma un tasso di occupazione italiano di circa 9 punti più basso di quello dell’Eurozona. Si tratta di una situazione insostenibile e non accettabile, che peraltro la guerra probabilmente peggiorerà ulteriormente.

È a questo punto necessario ed estremamente urgente definire quali obiettivi ci si propone attraverso la mole di investimenti legati al Pnrr e non solo. Cosa si intende fare per dire basta alla precarietà e per aumentare la quota di occupati, ricordando che anche solo dimezzare il divario fra il nostro tasso di occupazione e quello medio europeo, significherebbe aumentare nel periodo di validità del Pnrr gli occupati di +1,5 milioni di persone.

Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio

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