UN POPOLO IMPOVERITO: QUELLO DELL’ITALIA

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Lavoratori dipendenti e artigiani, freelance, insegnanti e pensionati stanno varcando “la frontiera” della povertà.

E’ la seconda ondata nel giro di un paio d’anni dopo la terribile stretta imposta dall’emergenza sanitaria: questa volta la causa risiede nel combinato disposto fra aumento dell’energia e le risultanze drammatiche dell’invasione russa nell’Ucraina.

Ci stiamo dirigendo verso l’aumento delle spese militari proprio mentre cresce il fenomeno della povertà energetica, cioè l’impossibilità per tante/i di procurarsi un paniere minimo di beni e servizi energetici.

Una condizione che negli USA è riassunta nell’espressione eat or heat, mangiare o scaldarsi.

Secondo l’osservatorio italiano sulla povertà energetica (Oipe) già nel 2020 il fenomeno riguardava l’8,8% delle famiglie. La percentuale sale al 16% se si considera la difficoltà di raffreddare la propria abitazione nei mesi più caldi (a causa del riscaldamento globale sarà un problema ancora più diffuso).

Da tre anni l’Osservatorio ribadisce che le agevolazioni per la transizione energetica, per esempio il 110 per cento e gli incentivi alla rottamazione delle auto, per come sono strutturate favoriscono i più ricchi, creando ulteriore disuguaglianza.

Lo conferma il CRESME secondo cui più del 60% di chi percepisce un reddito superiore ai 40mila euro ha sfruttato un bonus per l’efficientamento energetico, mentre chi ha salari inferiori ai 30mila euro l’anno solo in un caso su quattro può avere piccoli sgravi fiscali che non superano i 500 euro.

Secondo l’Oipe nel 2022 il consumo di elettricità dovrebbe contrarsi del 5% rispetto al 2018, mentre quello di gas scenderà del 7% : a spegnere luci e caloriferi saranno ovviamente le famiglie più povere che avranno comunque rincari a doppia cifra.

Nel 2020 più di due milioni di famiglie italiane – il 7,7% del totale – si trovava in condizioni di povertà assoluta.

Un’inflazione al 4% porterebbe la percentuale di famiglie in povertà assoluta all’8,8%, con punte di oltre il 10% al sud.

Nel complesso i nuclei familiari in difficoltà aumenterebbero di 276.000 unità, soprattutto famiglie composte da tre o più persone.

Se la guerra in Ucraina dovesse proseguire a lungo e i prezzi aumentare ancora, l’inflazione potrebbe arrivare al 6%, portando le famiglie in povertà assoluta al 9%.

Tutto questo accade in quadro complessivo di calo della produzione industriale ( – 0,8% a gennaio 2022; – 0,3% a febbraio 2022) in un Paese come l’Italia dove la struttura delle aziende rimane insufficiente e risulta molto forte il peso di settori “volatili” e legati alla congiuntura: ad esempio turismo 13%.

La guerra in Ucraina fa tracollare le aspettative economiche quasi ai minimi pandemici mentre permangono le difficoltà create dai colli di bottiglia presenti nella catena delle forniture e le preoccupazioni per la salita dei prezzi.

Fa sentire il proprio peso anche la sparizione del Welfare sostituito dai bonus e dai redditi di cittadinanza (e d’emergenza) la cui elargizione ha già messo in luce tutte le difficoltà di un mercato del lavoro frammentato che produce precarietà e incertezze, mentre ci si batte contro delocalizzazioni e licenziamenti in massa via SMS.

Da ricordare ancora che il già citato aumento delle spese militari si rifletterà sull’arretramento negli investimenti pubblici al riguardo della transizione ecologica e di quella digitale, mentre appare incerto il quadro delle aspettative (eccessive?) sul PNRR che dovrebbe tradurre in Italia il piano del Recovery Fund.

Qualunque possa essere la sorte del governo in carica, le elezioni politiche sono ormai a un passo, meno di 12 mesi: se la sinistra intende ragionare su una possibile presenza capace di riflettere politicamente questo insieme di difficoltà sociali affrontandole progettualmente … il tempo ormai sta quasi per scadere (resta ovviamente la linea di discrimine tra la pace e la guerra: oggetto fondamentale del prossimo “contendere”).

il Blog di Daniele Barbieri & altr*

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